Teologia silente: un dialogo
Andrea Grillo
Cari Severino e Francesco,
nel dibattito inaugurato da Severino, e nel quale sono entrati anche Marcello, Andrea, e ben 2 Giuseppe, trovo utile mettere a paragoneil testo iniziale, scritto da un teologo di 90 anni e questo ultimo di Francesco, che ha 45 anni. Siamo di fronte alla riflessione di teologi di cui il primo potrebbe essere il nonno del secondo. In mezzo stanno gli altri intervenuti, le cui età oscillano tra i 50 e i 60 anni.
Scrivo a voi perché di fatto vi sento come “padri” e come “figli” e per questo, sentendomi generato dai primi e in certo modo generatore dei secondi, porto con me e su di me quella responsabilità che spetta alle “generazioni di mezzo”.
Una prima cosa mi colpisce molto: il coraggio con cui Severino fa del silenzio una forma di “tradimento”, e la prudenza con cui Francesco tende a giustificare il silenzio quasi come un destino. Vorrei fotografare la vostra posizione con una breve citazione tratta da ciascuno dei vostri scritti. Tu Severino scrivi che anche il teologo deve sentire “la spina nel fianco di coloro che “sono pagati per pensare”, […] cioè di quanti fanno il mestiere di produrre e tenere viva la coscienza critica di un popolo.”
In modo assai diverso tu Francesco scrivi invece: “Rimane, però, una contraddizione invocare la voce dei teologi mentre il contesto stesso in cui operano rischia di silenziarli o li incoraggia al mutismo.”
Qui mi pare che un confronto franco e diretto tra le due posizioni sia necessario e possa essere compreso come gli “anni di formazione”. Se usciamo da una raffigurazione astratta delle biografie, e guardiamo in quali epoche siete stati formati, come teologi, scopriamo che tu, Severino, hai studiato teologia tra fine anni 50 e primi anni 60, mentre tu Francesco hai studiato tra fine anni 90 e anni 2000. Questo fatto involontario ha dato a Severino una identità di teologo diversa da quella di Francesco, pur nella continuità della medesima Chiesa cattolica. Che cosa è accaduto? perché mai per Severino il silenzio appare una colpa mentre per Francesco sembra un destino?