Serve una nuova cultura del lavoro

Serve una nuova cultura del lavoro

 
di Mauro Magatti
 
 
Il lavoro piace sempre meno. Questo è il risultato di una recente ricerca internazionale svolta dalla Gallup che coglie il persistente aggravio psichico causato dal senso di estraneità che molti lavoratori provano sul luogo di lavoro. L’assenza di significato, il mancato riconoscimento delle proprie competenze, il disagio derivante da contesti altamente conflittuali, anonimi o malsani sono le fonti delle fatiche e delle sofferenze che ancora pesano sulla vita di tanti.
 
La ricerca mostra un peggioramento generalizzato registrato nel dopo-pandemia. Negli ultimi 10 anni il numero di persone che esprimono sentimenti negativi verso il lavoro ha raggiunto i livelli più alti dall’inizio dell’indagine Gallup, più di vent’anni fa. Stress, insoddisfazione, tristezza, rabbia interessano ancora i 3/4 della popolazione lavorativa mondiale. Con indicatori che peggioriamo tra gli under 35.
 
Il dato riguarda la percezione di chi lavora. E siccome più la società è avanzata e più crescono le aspettative, non deve sorprendere che sia proprio l’Europa — che pure è il continente con le forme contrattuali e le tutele migliori al mondo — a mostrare nel suo insieme risultati deludenti. Nel vecchio continente solo il 13% di lavoratori si dichiara ingaggiato e soddisfatto: la metà di quel che avviene nel resto del mondo.
 
In questa classifica l’Italia non è messa bene. In Europa il nostro Paese è penultimo, meglio solo della Francia. Da noi solo l’8% dei dipendenti si dichiara attivamente impegnato (di poco sopra ai francesi, fermi al 7%). E addirittura un lavoratore su quattro afferma di sentire tristezza quando pensa al lavoro.

Le conseguenze non pesano solo sul singolo lavoratore, ma sono importanti anche dal punto di vista economico. Come segnala la ricerca, uno scarso investimento nell’attività lavorativa peggiora la produttività, fa crescere il turn-over, destabilizza i team di lavoro, riduce la spinta verso l’innovazione. Gallup arriva addirittura a fare una stima (da prendere con le dovute cautele) affermando che il basso impegno dei dipendenti sul lavoro costa 8,9 trilioni di dollari, cioè il 9% del Pil mondiale.
 
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