Progetto per i profughi della ex-Jugoslavia

Progetto per i profughi dell'ex-Jugoslavia

 

 

«In conflitti implicanti la contrapposizione tra nazioni, intese come gruppi umani aventi caratteri naturali e culturali specificatamente propri, popoli con una propria identità, assume rilevanza fondamentale il costruire occasioni d’incontro che siano la premessa di un possibile percorso di confronto e di scambio sicuramente complesso e difficile ma non irrealizzabile. Ecco il perché dell’intervento di animazione nei campi profughi in Slovenia, in cui forti sono i bisogni formativi […] e la necessità di creare i presupposti per la ricostruzione di un tessuto sociale ormai distrutto. […]. E l’educarsi progettualmente verso una società che riconosce nelle diversità (culturali, religiose etc.) la più grande ricchezza, deve comportare per forza un “senso di insoddisfazione per ciò che c’è, creando un elemento di tensione che disarmi il passato e chieda il futuro” (Aldo Capitini)».

 

Nel novembre del 1992 le ACLI iniziarono a intervenire in alcuni campi profughi della Slovenia che si erano venuti a costituire dopo i noti eventi bellici nella Bosnia Erzegovina. Il progetto ACLI per l’ex-Jugoslavia è importante per due motivi: il primo è che testimonia la partecipazione attiva ed effettiva della ACLI provinciali di Bergamo per l’appoggio materiale e spirituale ai profughi delle guerre jugoslave; il secondo è che, indipendentemente dalla chiara linea politica pacifista delle ACLI, i documenti che ci fornisce l’archivio storico sono di grande interesse storico per comprendere come i profughi vivevano le giornate in quei difficili anni.

In questo articolo si parlerà di due iniziative che le ACLI di Bergamo hanno contribuito a promuovere. La prima consiste nell’aiuto che è stato offerto ai profughi di guerra dei popoli jugoslavi, che si è tenuto direttamente in alcuni dei campi profughi situati in Slovenia tra la fine del 1992 e il termine dell’anno seguente. La seconda è invece l’organizzazione di una “gita”, sempre offerta agli stessi profughi dei campi, presso il nostro territorio che si è realizzata nel gennaio 1994.

Il Gruppo volontari Intervento Campi profughi ex-Jugoslavia ha redatto una relazione riguardo agli interventi nei campi di VIC 19, VIC 5 e Maribor negli anni 1992 e 1993 da parte di ACLI Bergamo e di Aeper.

«Questa relazione sintetica contiene gli obiettivi, le attività, le metodologie, i tempi di intervento, la quantificazione delle giornate e dei periodi di presenza nel campo dei volontari, alcune idee di prospettiva per la continuità». Un obiettivo importante che viene specificato nella premessa della relazione è quello di «essere loro vicini nella esperienza tragica che stanno vivendo, nel loro tentativo di non lasciarsi troppo deprimere dalle difficoltà, di trovare frammenti di senso a ciò che accade».

Le attività proposte dai volontari variano in base al periodo dell’anno, ma soprattutto in base alla fascia anagrafica dei destinatari. Ai bambini vengono proposti giochi collettivi e di squadra, giochi di animazione e mimo, attività sportive e di movimento, cacce al tesoro. Ma anche attività di narrazione come la costruzione di storie con l’uso di pupazzi, attività grafiche e pittoriche e giochi musicali. Agli adolescenti vengono proposte attività di costruzione di oggetti e di riparazione, oltre che alle classiche attività sportive. Importanti sono anche gli incontri di confronto sulla loro esperienza all’interno del campo, che permette loro di aprirsi tramite il dialogo ed elaborare il proprio vissuto. Gli uomini adulti si occupano principalmente di attività di costruzione, mentre le donne svolgono attività di taglio e di cucito.

«Si è cercato di mettere in atto metodologie che favorissero una sempre maggiore comunicazione, […] tra i volontari e gli abitanti del campo, una maggiore comprensione dei loro bisogni reali e delle aspettative.

Il progetto è stato reso possibile anche grazie alla collaborazione di circoli, parrocchie, famiglie e scuole, che hanno contribuito economicamente permettendo ai volontari di avere i mezzi per aiutare i profughi.

È di grande importanza il riscontro che ci danno gli stessi profughi: in particolare merita di essere letto il messaggio che ha scritto una famiglia di profughi che dalla Slovenia ha voluto ringraziare i volontari aclisti. «Ancora una volta siamo stati onorati della presenza dei vostri volontari nel nostro campo. Di nuovo ci hanno fatto vedere che non siamo soli. […] Io ho tre figli e so bene che aspettano i vostri ragazzi come se fossero i loro più cari familiari. […] Siete stati i primi a riuscire a raccogliere in un posto tutti quanti insieme, felici e sorridenti. Ogni nostro bambino ha ritrovato nei vostri volontari il suo zio perso, la sua zia, il suo cugino […]. Voi perciò dovete essere fieri del lavoro che state facendo. […] Noi stiamo molto meglio da quando sappiamo che in Italia c’è chi pensa a noi e ai nostri figli, chi cerca di rendere più facile questa dura vita da profughi. Abbiamo subito molte umiliazioni e degradazioni, ma la vostra comprensione ci dà il coraggio di resistere». Evidente è quindi la riconoscenza che queste famiglie avevano verso i volontari provenienti dall’Italia, i quali hanno fatto un ottimo lavoro soprattutto dal punto di vista umano, che è forse quello che più di tutto serviva a queste persone. Nella stessa lettera emerge una frase potente e simbolica: «Voi avete incominciato una grande opera che sarà il ponte tra i nostri popoli». Non si può non riconoscere l’importanza politica di ciò che i volontari hanno fatto in Slovenia, ovvero creare un "ponte tra i popoli” che sta alla base di una solidarietà internazionale volta al pacifismo tra tutte le culture.

L’aiuto delle ACLI di Bergamo verso i profughi non avvenne soltanto nei territori dell’ex Jugoslavia, ma anche nella nostra provincia. Il progetto “Ospitalità per l’inverno” previde l’ospitalità – da parte delle famiglie bergamasche – di un piccolo numero di profughi, con la partecipazione attiva degli enti del territorio per l’appoggio economico e educativo alle famiglie che parteciparono. La Campagna di ospitalità, coordinata da CARITAS, ACLI, ARCIDONNA, DONNE IN NERO, LOC, AEPER provvidero per mezzo dei loro volontari a svolgere diversi compiti, come: fornire informazioni dettagliate, censire le disponibilità, mettere in contatto ospitati e ospitanti, coordinare il sostegno economico, organizzare programmi di comunicazione linguistica tramite interpreti volontari e programmare di socializzazione, animazione e sostegno.

Un’ulteriore iniziativa promossa dalle ACLI di Bergamo è stata l’organizzazione di dieci giorni di accoglienza – dal 2 al 12 gennaio 1994 – di ragazze e ragazzi bosniaci (in tutto 34) provenienti dal campo profughi di VIC 5 a Lubiana presso la casa-oratorio di Lonno. Tale fu il Progetto Acli, grazie al quale i ragazzi del campo profughi hanno potuto uscire per quasi due settimane dal clima pesante dei campi e vivere un’esperienza di gruppo con la possibilità di sperimentare appieno una forma di auto-organizzazione. I volontari del Progetto Acli ex-Jugoslavia iniziano con queste parole l’invito a partecipare al progetto: «dal 2 al 12 gennaio 1994 il gruppo volontari che operano nel campo-profughi di VIC a Lubiana, ha pensato di invitare per una vacanza “particolare” trentacinque ragazzi bosniaci». La lettera di invito continua dicendo che «è un’occasione per gruppi, famiglie, circoli che hanno lavorato qui, per studenti, ragazzi degli oratori per sentire più da vicino l’esperienza di chi la guerra e la condizione di rifugiato la vive sulla pelle. […] Siamo contenti di farvi conoscere i ragazzi con cui condividiamo da un po' di tempo un impegno oltre il confine, di farvi parlare con loro anche perché può essere un modo per riflettere insieme, in un incontro diretto, sulla miriade di interrogativi che questa guerra fa sorgere in ognuno».

Durante il viaggio da Lubiana a Lonno i ragazzi e i loro accompagnatori hanno visitato Venezia, e il giorno seguente è stato il turno di Bergamo alta. Nei dieci giorni di esperienza i ragazzi provenienti da VIC 5 hanno visitato Como, il castello di Malpaga, Milano e Trieste, e parteciparono a numerose attività ricreative come danze, giochi, canti popolari e la messa in scena di una riduzione del dramma di Romeo e Giulietta. Il penultimo giorno di pernottamento è stato caratterizzato dalla partecipazione allo spettacolo folcloristico presso l’oratorio di San Pellegrino Terme.

Grazie al Progetto Acli i ragazzi bosniaci hanno avuto la possibilità di trascorrere dieci giorni lontani dai drammi e dalle tensioni della guerra.

Silvia Brena scrive che l’esperienza «ha senza dubbio favorito la dimensione del gruppo, la possibilità di sperimentare nella casa di Lonno, qualche forma di auto-organizzazione. Infatti, l’allontanarsi per alcuni giorni dalla vita sempre uguale del campo, da quei ritmi così ripetitivi e privi di progettualità ha avuto un poco il senso della frattura, una scossa che li ha, forse, resi nuovamente consapevoli delle proprie potenzialità, delle proprie risorse intellettuali, umane e artistiche”. È attraverso la conoscenza dell’altro che è possibile comprendere meglio la propria situazione, prendere consapevolezza di ciò che siamo e di chi vogliamo essere. «Probabilmente l’aver avuto la possibilità di conoscere molti loro coetanei bergamaschi li ha stimolati ancor di più a riflettere sulla propria situazione». Ciò che emerge dalle testimonianze dei volontari del Progetto Acli è una marcata volontà, da parte dei ragazzi bosniaci, di comunicare agli altri il loro passato difficile, il quale non può che essere uno spunto di riflessione potente per tutti coloro che hanno avuto il piacere di ascoltarli. «Nelle loro parole, nei loro sguardi c’era grande dignità e voglia di far comprendere come la guerra abbia mutato la loro esistenza. Sapevamo che questo era un obiettivo importante che ci si era prefissi (noi e loro) per questa “vacanza” in Italia. […] Forse l’aver “riconosciuto” persone con proprie storie, con identità ben definite, con nomi e cognomi… renderà più difficile dimenticare e chiudere gli occhi su quello che sta accadendo nella ex-Jugoslavia».

 

I volontari aclisti decisero di condure brevi interviste ad alcuni profughi e di riportare per iscritto le conversazioni avvenute nei campi profughi in Slovenia. Ecco alcune parti delle conversazioni che furono registrate e messo per iscritto dai volontari aclisti:

Elvira: «Se mai ritorneremo [a casa] porteremo voi italiani nel nostro cuore per tutta la vita, per la vostra umanità, per il vostro impegno e per il vostro buon cuore».

Tatarevic Mediha: [in che cosa vi aiutano gli italiani?] «In tutto, quello che noi cerchiamo loro ce lo danno, facciamo amicizia con loro, […] se ci occorre qualcosa, se dobbiamo andare da qualche parte loro ci accompagnano, giocano con i bambini, organizzano giochi, tutto quello che è necessario per noi».

Ramic Indira: «Ringrazierei [gli italiani] per tutto quello che hanno fatto. Era noioso e ci hanno aiutati. Li invito a venire quando tutto si sarà calmato, e spero che questo accada».

Ema Osmanagik, 16 anni: «Saluto tutti gli italiani e auguriamo che ciò che è accaduto a noi non accada a voi».

 

 

 

Fonti:

 

- Acli Provinciali di Bergamo, Scheda di presentazione progetto ACLI a favore delle popolazioni della ex-Iugoslavia, 1992.

- Gruppo volontari Intervento Campi profughi ex -Jugoslavia, Un anno nei campi-profughi della ex-Jugoslavia, 1993.

- Lettera dalla famiglia Bricic, 1993.

- Gruppo Volontari Progetto ACLI ex-Jugoslavia, 1994.

- S. Brena, L’incontro-scambio con giovani Bosniaci del campo profughi di VIC 5 (Lubiana), 1994.

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