Le donne abbandonano la Chiesa. Le giovani soprattutto
di Daniele Rocchetti
Torna alla mente il libro di dieci anni fa di don Armando Matteo sulla “fuga delle quarantenni”. Il coraggioso articolo di Capuzzi (e coraggioso è pure il giornale vaticano a pubblicarlo) mostra come il campanello d’allarme lanciato allora dal prete calabrese sia rimasto inascoltato. “Attualmente, le ragazze italiane under 30 che si dichiarano cattoliche sono il 33 per cento, dieci anni fa erano quasi il doppio (62 per cento). Quelle che si definiscono atee sono passate dal 12 al 29,8 per cento. Cifre simili a quelle dei coetanei maschi. Finora, però, le fedeli erano state “l’eccezione” alla crescente sfiducia verso appartenenze e pratiche religiose.
Non solo in Europa e negli USA
Non è più così. In Italia come nel resto dell’Europa. Negli Usa addirittura è avvenuto il sorpasso in chiave ecumenica: in base alla recente rilevazione del Survey center on American life, a lasciare le diverse confessioni cristiane sono il 54 per cento delle giovani contro il 46 per cento dei ragazzi.” Il tema è dirompente nel Nord del mondo. Ma – sottolinea Capuzzi – inizia ad evidenziarsi anche altrove. Un indizio è, in America Latina, il calo dei catechisti negli ultimi anni. Se i vescovi del Continente, durante la Conferenza di Aparecida del 2007, parlavano di assenza dei maschi nelle comunità ecclesiali, la diminuzione rivela un allontanamento delle donne, in particolare le giovani. La loro delusione si esprime, più che con una “fuga”, con una limitazione di tempi e spazi di vita dedicati alla Chiesa. E qualcosa di simile accade in Africa e in Asia.
Ogni donna ha la sua lista personale di frustrazioni vissute in ambito ecclesiale. Il mancato riconoscimento dell’emancipazione ottenuta, pur con tutti i limiti, in ambito civile, la crescente divergenza tra la morale sessuale e i comportamenti individuali, l’esclusione, di fatto, dagli incarichi di responsabilità e, di diritto, dai ministeri ordinati.
Attenzione: una recente ricerca dell’Istituto Toniolo mostra come l’allontanamento copioso delle donne dalla Chiesa e dalla religione “istituzionale” non significa necessariamente – anzi lo fa solo molto raramente – perdita di rilevanza del sacro o disinteresse per la coltivazione di una dimensione spirituale anche profonda. Un elemento su cui varrebbe pena interrogarsi in profondità e con sincerità.