La dittatura delle minoranze?

La dittatura delle minoranze?

 

di Rocco Artifoni

 

 

«Qua c’è il problema della dittatura delle minoranze, non il contrario». Così ha replicato Matteo Salvini al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che - intervenendo alla cerimonia di apertura della 50^ edizione della Settimana Sociale dei Cattolici in Italia il 3 luglio a Trieste - aveva affermato che «una democrazia “della maggioranza” sarebbe, per definizione, una insanabile contraddizione».

 

Paradossalmente Salvini – senza rendersene conto – ha segnalato l’esistenza di un duplice problema reale. Anzitutto il diritto/dovere del voto è sempre meno esercitato al punto che il principale “partito” è rappresentato dagli elettori che non partecipano. Ne consegue che chiunque “vinca” le elezioni di fatto rappresenta comunque una minoranza dei cittadini effettivi. Inoltre, l’attuale Governo (di cui Salvini fa parte) ha ricevuto la fiducia dal Parlamento, ma è opportuno ricordare che la maggioranza degli eletti (di centrodestra) corrisponde ad una minoranza di elettori e ha ottenuto la maggioranza dei seggi soltanto grazie ad un artificio presente nella legge elettorale (che non è proporzionale).

 

Non a caso proprio nel discorso di Mattarella c’è un chiaro riferimento alla questione: «Democrazie imperfette vulnerano le libertà: ove si manifesta una partecipazione elettorale modesta. Oppure ove il principio “un uomo-un voto” venga distorto attraverso marchingegni che alterino la rappresentatività e la volontà degli elettori».

 

Su questo tema il Presidente della Repubblica ha richiamato anche le parole di alcune autorevoli personalità, tra le quali Norberto Bobbio «quando ammonisce che non si può ricorrere a semplificazioni di sistema o a restrizioni di diritti “in nome del dovere di governare”». La proposta di revisione costituzionale del “premierato” e le spinte populiste verso una “democrazia diretta” si collocano esattamente in questo scenario, con il rischio di “passare con indifferenza dall’assolutismo alla demagogia”.

 

Come ha sottolineato Sergio Mattarella «la democrazia come forma di governo non basta a garantire in misura completa la tutela dei diritti e delle libertà». E nemmeno l’opinione della maggioranza può essere confusa con la sovranità popolare, che comunque si “esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione” (art. 1).

 

A Trieste è intervenuto anche il costituzionalista Filippo Pizzolato, che ha affermato: «è il modello di democrazia sotteso a queste proposte di riforma che suscita gravi interrogativi, in quanto volte ad acuire la componente di delega e di investitura del potere e a deprimere la dimensione del pluralismo delle espressioni del popolo e della partecipazione feriale dei cittadini. Si accredita così l’equivoco che il volere popolare possa essere unificato entro la volontà singolare di un potere direttamente elettivo, oltretutto monocratico. Questo effetto di semplificazione mette in ombra il carattere plurale del popolo sovrano e contraddice l’aspirazione costituzionale a una democrazia retta sulla corresponsabilità dei cittadini nella costruzione quotidiana della Repubblica».

 

Non a caso il Presidente della Repubblica nel suo intervento ha fatto riferimento a «quel giovane e brillante componente dell’Assemblea Costituente, che fu Giuseppe Dossetti, che pose il problema del “vero accesso del popolo e di tutto il popolo al potere e a tutto il potere, non solo quello politico, ma anche a quello economico e sociale”, con la definizione di “democrazia sostanziale”».

 

Sempre valide sono le sagge parole del giurista Piero Calamandrei: «Per far vivere una democrazia non basta la ragione codificata nelle norme di una Costituzione democratica ma occorre, dietro di esse, la vigile e operosa presenza del costume democratico che voglia e sappia tradurla, giorno per giorno, in concreta, ragionata e ragionevole realtà».

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