Il segreto del declino demografico

Il segreto del declino demografico

 
di Federico Fubini
 
 
Buona settimana a tutti. Chiuso in casa per un’indisposizione, in questi giorni non mi è rimasto che curiosare nei freddi dati. La scintilla è stata l’indiscrezione che, in questa legge di Bilancio, alcune centinaia di milioni di euro andrebbero a incoraggiare la natalità. Soldi utili o sprecati? Il bilancio si potrà tracciare solo tra qualche giorno, quando sapremo i dettagli. O tra qualche anno, quando se ne sarà visto l’effetto. 
 
Per ora vorrei guardare alla questione da un punto di vista più trascurato. Di solito si parla delle culle vuote come se fossero un problema psicologico o di portafoglio. Di volontà o di possibilità. Gli economisti, sempre antipatici, parlerebbero di «domanda» insufficiente: si fanno sempre meno figli perché sempre di meno li si desidera o ce li si può permettere. 
 
E se ci fosse un problema di «offerta»? In che misura si fanno sempre meno figli perché, semplicemente, ci sono sempre meno donne e uomini per farli? È importante capirlo, perché se c’è un problema di «offerta», allora le politiche per le nascite dovrebbero cambiare: non basta incentivare con denaro (inevitabilmente, poco) un numero sempre più ristretto di potenziali genitori; bisognerebbe anche far sì che ci siano più potenziali genitori nel Paese. Ma questo implica un approccio diverso per contrastare il declino demografico. Vediamo. (Non esitate a scrivermi: commenti o contestazioni e proposte)
 
 

L’andamento delle nascite dall’Unità d’Italia a oggi

 
Per orientarmi ho recuperato attraverso l’Istat (grazie!) e lo Human Mortality Database due serie di dati: l’andamento delle nascite dall’Unità d’Italia e la sua ragione di fondo, i giacimenti dei potenziali genitori. In altri termini, ho visto quanti bambini nascevano nei diversi momenti della nostra storia in proporzione al numero delle persone feconde. Proprio perché per fare figli non basta volerlo. Bisogna anche che ci siano madri e padri potenzialmente adeguati.
Per fotografare quest’ultima dimensione ho dunque tenuto conto del numero di donne in età fra 15 e 44 anni vissute in Italia dal 1861 al 2023. Non è maschilismo: so bene che il declino delle nascite non è semplicemente «colpa» delle donne, perché esiste un problema enorme di fecondità di una popolazione di uomini che invecchia e cambia. E comunque sono nati e nascono bambini di madri non necessariamente comprese fra i 15 e i 44 anni di età. Ma si tratta di minoranze statisticamente poco significative, dunque prendere quelle classi di età femminili mi è parso un modo sintetico per catturare in un unico dato l’«offerta», cioè la capacità di procreare presente nel Paese: una buona fotografia del giacimento di potenziali genitori. 
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