Cita il poeta argentino Jorge Luis Borges e "quel giovane sognatore" di San Francesco d'Assisi. Poi indica un obiettivo, essere "poeti di pace", e due modelli da seguire: il “Papa buono” Giovanni XXIII ("leggete e studiate la Pacem in Terris", dice) e Martin Luther King, due profeti del nostro tempo.
Il Papa ha incontrato questa mattina in Aula Paolo VI circa 6 mila tra studenti e insegnanti che partecipano all'Incontro per l’educazione alla pace e alla cura promosso dalla Rete Nazionale delle Scuole di Pace, che riunisce diverse realtà da tutta Italia. L’udienza con il Papa è il culmine di una serie di attività e iniziative di formazione che si concluderanno con la Marcia Perugia-Assisi, nel maggio del prossimo anno, in occasione della quale saranno presentati i risultati del lavoro e delle proposte di ragazzi e ragazze.
Il Papa affida un mandato ai ragazzi: "Un cammino fatto di tanti piccoli gesti di pace, ogni giorno: gesti di accoglienza, di incontro, di comprensione, di vicinanza, di perdono, di servizio... Gesti fatti con il cuore, come passi verso Betlemme, verso Gesù che è il Re della pace, anzi, che è Lui stesso la pace".
Bergoglio ha invitato i ragazzi a diventare "poeti della pace" e ha indicato loro il modello "per eccellenza del prendersi cura": "È quel samaritano del Vangelo, che ha soccorso uno sconosciuto che ha trovato ferito lungo la strada. Il samaritano non sapeva se quello sfortunato fosse una brava persona o un furfante, se fosse ricco o povero, istruito o ignorante, giudeo, samaritano come lui o straniero; non sapeva se quella sventura "se la fosse cercata" o no. Il Vangelo dice: "Lo vide e ne ebbe compassione". Anche altri, prima di lui, avevano visto quell'uomo, ma erano andati per la loro strada. Il samaritano non si è fatto tante domande, ha seguito il movimento della compassione".
Il Papa ha parlato anche di esempi più vicini a noi: "Anche nel nostro tempo possiamo incontrare valide testimonianze di persone o istituzioni che lavorano per la pace e si prendono cura di chi è nel bisogno. Pensiamo per esempio a coloro che hanno ricevuto il premio Nobel per la pace, ma anche a tanti sconosciuti che in maniera silenziosa operano per questa causa. Oggi vorrei ricordare due figure di testimoni. La prima è quella di San Giovanni XXIII. Fu chiamato il "Papa buono", e anche il "Papa della pace", perché in quegli inizi difficili degli anni Sessanta marcati da forti tensioni - la costruzione del muro di Berlino, la crisi di Cuba, la guerra fredda e la minaccia nucleare - pubblicò la famosa e profetica Enciclica Pacem in Terris. L'anno prossimo saranno 60 anni, ed è attualissima! Papa Giovanni si rivolse a tutti gli uomini di buona volontà, chiedendo la soluzione pacifica di tutte le guerre attraverso il dialogo e il disarmo. Fu un appello che riscosse una grande attenzione nel mondo, ben oltre la comunità cattolica, perché aveva colto un bisogno di tutta l'umanità, che è ancora quello di oggi. Per questo vi invito leggere e studiare la Pacem in terris, e a seguire questa strada per difendere e diffondere la pace".
"Pochi mesi dopo la pubblicazione di quell'Enciclica, un altro profeta del nostro tempo, Martin Luther King, premio Nobel per la pace nel 1964, pronuncio' lo storico discorso in cui disse: 'Io ho un sogno'", ha poi aggiunto Francesco. "In un contesto americano fortemente segnato dalle discriminazioni razziali aveva fatto sognare tutti con l'idea di un mondo di giustizia, liberta' e uguaglianza. Disse: 'Io ho un sogno: che i miei quattro figli piccoli vivranno un giorno in una nazione dove non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per la dignita' della loro persona'".