Discernere e decidere. L’esempio di Charles de Foucauld

di Alessandro Sesana | Mercoledì 9 febbraio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La Barca e il Mare

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Mi trovo a partecipare ad alcuni incontri dove si parla dell’esortazione apostolica Amoris Laetitia.
In tutti questi incontri salta sempre fuori la categoria del discernimento

 

La stessa cosa mi succede con un paio di incontri sul sinodo, la categoria più usata dopo quella di ascolto è proprio quella del discernimento.

 

Il rischio di non decidere

 

La questione merita un approfondimento serio. Non ho le competenze e nemmeno il giusto approfondimento della questione discernimento.  Mi limito quindi a questa semplice citazione che mi sono scritto durante gli incontri di questi giorni:

 

La vita non è un quadro in bianco e nero: è un quadro a colori. Alcuni chiari e altri scuri, alcuni tenui altri vivaci. Ma comunque prevalgono le sfumature. Ed è questo lo spazio del discernimento

 

Questa è una frase di papa Francesco, pronunciata il 9 febbraio dl 2017.

 

Come ogni parola fantastica e affascinante, anche quella del discernimento può avere esiti positivi o negativi a seconda di come la parola viene utilizzata.

 

Il primo esito è quello di un effettivo cammino personale ed ecclesiale che porta a decisioni e azioni che vanno nella logica del vangelo.

 

Il secondo esito è quello dell’immobilismo personale ed ecclesiale. Il discernimento in questo caso diventa un ascolto infinito, un continuo esercizio interiore e comunitario delle ragioni per scegliere dove andare, in un continuo processo di valutazione infinitamente prolungato nel tempo, senza mai decidere niente. Si riimane in un limbo personale ed ecclesiale, non di indecisione, ma di paura di decidere, un limbo dove prevale il non decidere.

 

Ho l’impressione che la Chiesa anche di fronte al sinodo farà un grande discernimento protratto nel tempo e poi forse non deciderà in che direzione andare.

 

Charles de Foucauld, “fratello universale”

 

Voglio provare ad afferrare il tema del discernimento personale ed ecclesiale da un altro punto di vista. Quello di un ormai santo che amo tantissimo: Charles de Foucauld (vedi anche l’articolo di Daniele Rocchetti). Il papa nella lettera enciclica “Fratelli tutti” scrive così:

 

Egli andò orientando il suo ideale di una dedizione totale a Dio verso un’identificazione con gli ultimi, abbandonati nel profondo del deserto africano. In quel contesto esprimeva la sua aspirazione a sentire qualunque essere umano come un fratello, e chiedeva a un amico: pregate Iddio affinché io sia davvero il fratello di tutte le anime di questo paese. Voleva essere, in definitiva, il fratello universale. Ma solo identificandosi con gli ultimi arrivò ad essere fratello di tutti. Che Dio ispiri questo ideale in ognuno di noi.

 

Vedo la vicenda di Fratel Carlo come la storia di un uomo in continuo discernimento per arrivare ad indentificarsi con Dio e con gli ultimi. Un continuo movimento di ricerca, di confronto con il suo padre spirituale, con la Chiesa stessa, un discernimento fatto di dura preghiera per capire dove andare e che cosa fare.

 

Il discernimento impaziente di Fratel Charles

 

Leggendo le lettere inviate a Padre Huvelin, suo padre spirituale e anche in quelle inviate alla cugina Marie de Bondy non percepisco Fratel Carlo come un uomo tormentato nella sua ricerca interiore, che non decide mai, ma come un uomo afferrato da Dio e dagli uomini, dentro un continuo dinamismo che lo porta sempre più in basso nella vita. il suo è un discernimento impaziente. Direi che a volte il suo discernimento diventa pericoloso nel senso che lo porta a scelte dure, coraggiose, radicali.  È un discernimento che alla fine decide.

 

E, anche quando non arrivano risposte immediate da chi lo sta aiutando a capire che cosa fare e dove andare, Fratel Carlo sa già dove andare, cosa fare, e la direzione è sempre quella verso Dio e verso i fratelli.

 

È un discernimento obbediente e insieme intraprendente, che forse alla fine risponde solo al vangelo e al suo cuore che aderisce sempre più intimidante all’amato del cuore che è Gesù.

 

Il suo discernimento non è mai solo attesa, ma è quel movimento spirituale che permette di costruire le condizioni perché quello che sente nel suo cuore come adesione al vangelo si possa realizzare. Come ho detto è un discernimento che si muove su quel crinale stretto e pericoloso che è obbedienza che attende e dinamismo che fa. Direi che Fratel Carlo il più delle volte messo su questo crinale tra obbedienza e intraprendenza cade sul versante dell’intraprendenza.

 

In questo tempo in cui la Chiesa ha davanti a sé il grande tema di un cambiamento epocale, anzi di un’epoca cambiata, avere il coraggio di un discernimento dinamico che inventa a costo di sembrare disobbediente, lo vedo come la continuazione della profezia di fratel Carlo. E’ un discernimento in movimento, dinamico, che cerca, decide e prova vie nuove, oserai dire sperimentali che vanno anche verso l’ignoto e forse anche verso il fallimento, ma che certamente mette in movimento qualcosa.

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