DIRE IN MANIERA NUOVA LA FEDE
Nicea, il primo concilio ecumenico e lo sforzo di dire la fede con il linguaggio della cultura dominante. Il credo riceno-costantinopolitano che recitiamo ogni domenica a messa è nato allora
Nel 2025 faremo memoria dei 1700 anni passati dal primo evento ecumenico della storia della cristianità: il Concilio di Nicea. Fu convocato dall’imperatore Costantino in questa città a 130 chilometri a sud-est di Costantinopoli e gli storici dicono che vi parteciparono trecento vescovi in maggioranza orientali
Il grande sforzo di dire la fede, allora
Nicea passò alla storia certo per la condanna dell’eresia di Ario – che negava la divinità di Cristo visto come un uomo nato normalmente da donna e poi adottato in modo speciale da Dio, la cui natura divina è unica – ma anche per lo straordinario sforzo di inculturazione che la comunità cristiana ha operato. Già la scuola di Alessandria (quella di Clemente e Origene) e poi i padri della Chiesa del quarto secolo (Atanasio, Basilio, Gregorio di Nazianzo e di Nissa, Agostino) avevano rielaborato ed espresso la dottrina cristiana usando categorie proprie della filosofia, in particolare quella greca.
La sintesi di quel lungo impegno la troviamo espressa nel Credo niceno-costantinopolitano che recitiamo ogni domenica a messa. Un lavoro di “inculturazione”, in un tempo in cui il cristianesimo non era ancora la religione dell’Impero, prezioso e fondamentale e che ha retto per molti secoli. Un confronto serio che ha tradotto il Vangelo in forme, linguaggi e simboli che risultavano comprensibili ai contemporanei e che ha portato, dopo un faticoso e complesso processo culturale e teologico, Nicea e i concili successivi (Efeso nel 431 e Calcedonia nel 451) a proclamare Gesù Cristo “veramente Dio e veramente uomo”.