di Mauro Magatti | Mercoledì 17 novembre
Corriere della Sera
L’ultimo in ordine di tempo è stato Mark Zuckerberg che ha da poco annunciato il nuovo nome della sua società, che d’ora in poi si chiamerà evocativamente «Meta», parola greca che significa «oltre». Il logo é, immodestamente, il simbolo matematico dell’infinito.
Nella stessa conferenza stampa, Zuckerberg ha annunciato l’avvio di un ambiziosissimo programma di investimenti per creare il «metaverso», il fulcro del digitale del futuro. Con tale termine si intende la creazione di mondi immersivi in cui diventa possibile superare la distinzione dentro/fuori. Come ha spiegato uno dei manager di Menlo Park: «oggi posso controllare più volte al giorno la mia pagina Facebook…Ma io vivrò e lavorerò nel metaverso e probabilmente preferirò il mio tempo speso nel metaverso che quello nelle mie attività normali». In sostanza, il progetto di Meta è quello di andare al di là della realtà così come ci si presenta, esterna a noi, per creare ambienti virtuali in cui sia possibile stare in relazione continua. Progetto avveniristico che richiederà molti anni ma che indica l’orizzonte verso il quale Zuckerberg intende muoversi.
Solo qualche mese fa, Jeff Bezos ha lasciato la guida operativa di Amazon per dedicarsi a Blue Origin, il cui obiettivo è costruire Orbital Reef, una stazione spaziale privata pensata per ospitare fino a 10 ricercatori di aziende interessate a un laboratorio R&D a gravità zero. Inoltre, la scorsa estate, partecipando in prima persona a una spedizione spaziale, lo stesso Bezos ha dato il via anche ai voli turistici suborbitali. Con l’idea di arrivare a portare turisti (miliardari) sulla luna.