PROBLEMI COMUNI E POLITICA VECCHIA
di Mauro Magatti | Avvenire
Il cambiamento climatico e i fenomeni migratori sono due grandi sfide ormai stabilmente ai primi posti dell’agenda politica del nostro tempo. Si tratta di questioni importanti che tuttavia gli assetti istituzionali di cui disponiamo faticano a governare a causa della loro evidente inadeguatezza. Da un lato, gli Stati nazionali, pensati su base territoriale (e su questa schiacciati), non possono risolvere da soli questioni che hanno una dimensione spaziale che li supera.
Dall’altro, l’infrastruttura internazionale – a cominciare dall’Onu, per passare da Fmi, Banca Mondiale e Wto – che riflette equilibri di fasi storiche ormai superate e non riesce a catalizzare gli interessi divergenti dei vari attori economici e politici rispetto ai grandi problemi globali. Una impasse destinata ad aggravarsi, tenuto conto che le possibili soluzioni passano da complessi processi negoziali che per definizione hanno tempi ed esiti incerti.
Come si è potuto constatare nelle ultime settimane con le fatiche delle ennesime Cop sul clima (la ventisettesima, tenutasi al Cairo) e sulla biodiversità (la quindicesima, in corso a Kunming). O con le tensioni che continuano a scuotere l’Europa in tema di arrivi via mare e via terra di richiedenti asilo. In questa situazione – che ragionevolmente è destinata a durare ancora a lungo – questioni globali come quelle che abbiamo nominato (e non sono certo le uniche) continueranno a incidere sugli umori dell’opinione pubblica.