Più occupazione ma spesso è povera. Se migliora il lavoro migliora il Paese
Il presidente delle Acli, Manfredonia: nel contesto dell’Europa solo in Italia gli stipendi reali sono calati «Costituzione tradita sul giusto salario, una gara al massimo ribasso. E i giovani se ne vanno: 2 milioni in dieci anni»
L’intervista di Alberto Bobbio per l'Eco di Bergamo di giovedì 27 marzo.
La Conferenza episcopale italiana ha ragione. Sul tema del lavoro i problemi sono gravi ed è paradossale che ne parlino solo i Vescovi». Emiliano Manfredonia, presidente delle Acli, rilegge il Messaggio della Cei in vista del 1°Maggio. Mette in fila numeri e riflessioni e denuncia il silenzio e la mancanza di una visione di Paese sull’argomento più cruciale di tutti, nonostante l’ottimismo profuso a piene mani dal governo sull’aumento dell’occupazione.
Presidente, cosa la disturba?
«Il governo non può esultare per dati che spaccia sempre come buoni. È vero, l’Istat registra un miglioramento dell’occupazione, ma rimaniamo sotto le medie europee. Il problema è l’incertezza, la precarietà, la mancanza di tutele e l’impoverimento del lavoro».
E l’ottimismo?
«Cancella e rimanda ogni cosa. È un po’ come mettere la cenere sotto il tappeto. Dopo aver abolito il reddito di cittadinanza non c’è un progetto chiaro di politiche del lavoro, ma solo l’aumento del lavoro povero, cioè poco retribuito e con minori tutele, che rende più difficile la vita delle persone, impoverisce il Paese, la sua economia e il suo welfare».
Qual è la caratteristica oggi del mercato del lavoro?
«È dominato dal massimo ribasso e da un’idea cinica di produttività. Lo abbiamo scritto recentemente in un documento della direzione delle Acli, ma nessuno ha colto la nostra analisi. Non ci si basa più sulla qualità, ma si tagliano i costi, compresi quelli della sicurezza, la salute e il rispetto dell’ambiente. Lavoro povero uguale povero Paese.
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