LA CREPA E LA LUCE. UN LIBRO DA LEGGERE
Articolo de La Barca e il Mare
Daniele Rocchetti
Forse è il caso di partire dalla copertina, bellissima. Una fotografia in bianco e nero, scattata il giorno del matrimonio. In primo piano una donna con il vestito di nozze, felice e solare. Dietro, sfuocato, lo sposo, di cui si intravvede il sorriso. I due si tengono per mano ed è evidente quanto siano contenti.
La foto di due sposi felici
Gli sposi sono Gemma Capra e Luigi Calabresi e la data è il 31 maggio del 1969. Sei mesi e mezzo prima di quel dannato 12 dicembre, giorno della bomba messa nella sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura di Milano che uccise 17 persone e ne ferì 88. Piazza Fontana cambiò il corso di tante cose. Quello della storia del nostro Paese. Certamente quello della vita dei due sposi.
Un riverbero violento, quello della bomba, che arriverà fino al 17 maggio del 1972 quando Luigi Calabresi, commissario di Polizia contro il quale, dalla sera della morte del ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli, si era intentata una ferocissima campagna d’odio, viene ucciso con due colpi di pistola alle spalle, a pochi metri dalla sua casa mentre si reca al lavoro.
Gemma Calabresi (ospite della prossima edizione di Molte Fedi – giovedì 29 settembre ore 20.45 – Chiesa di Sant’Andrea in Città Alta) mette per scritto il lungo cammino, durato una vita intera, per rielaborare il dramma vissuto. Quando il commissario viene assassinato, Gemma ha venticinque anni e due bambini – Mario che aveva poco più di due anni, Paolo, di un anno solo – ed è incinta del terzo figlio che sarà chiamato Luigi, come il papà.
“C’è una crepa in ogni cosa, è così che entra la luce”
Il libro, il cui titolo richiama Anthem di Leonardo Cohen “C’è una crepa in ogni cosa, è così che entra la luce – è bellissimo. Perché è il racconto di un tormento che non nasconde le fatiche. Eppure sa giungere ad uno sguardo che, senza dimenticare, è pacificato. Non ho mai creduto a chi elargisce il perdono subito dopo l’offesa ricevuta. So quanto è dolorosa la strada della riconciliazione.
Ho dialogato a lungo con Nedo Fiano e Hanna Weiss, con Shlomo Venezia e Sami Modiano, deportati e sopravvissuti ad Auschwitz-Birkenau; ho trascorso tante ore con Francesco Pirini che dalla collina di fronte a Montesole, il 29 settembre del 1944, vide massacrare quasi tutta la sua famiglia, eccetto la sorella Livia, salvatasi solo per essere stata sommersa e nascosta sotto un mucchio di cadaveri. Ho sentito la loro rabbia, ho imparato a rispettare i loro silenzi. Ho imparato che non c’è un unico modo per reagire alla violenza subita.