di Luca Barachetti | Venerdì 11 febbraio
L'Eco di Bergamo
Ci sono libri le cui parole sfrigolano fra le mani di chi li legge. Libri che rimangono attaccati alla carne, da cui non si esce intatti. Ognuno ha i suoi: per chi scrive, “Moby Dick” di Melville (“pensai di mettermi a navigare per un po’, e di vedere così la parte acquea del mondo”), le poesie di Fernando Pessoa, le “Operette morali” di Giacomo Leopardi. Ma anche libri più recenti, come la “Trilogia della pianura” di Cormac McCarthy o “Libra” di Don Delillo, dove si sente scricchiolare il meccanismo della Storia.
Ci sono anche libri biblici che possono dare un tale effetto prorompente: uno di questi è “Qoèlet” o “Kohèlet / Ecclesiaste” nella traduzione libera e poetica di Erri De Luca, o ancora “Qohélet. Colui che prende la parola”, splendido sottotitolo di una traduzione letteraria e misteriosa di Guido Ceronetti, forse la più bella. “La provvidenza ha voluto che questo libro rientrasse nel canone sacro. Lo si legge in forza di questa assunzione, ma sempre un lettore si chiede cosa ci stia a fare K. nell’Antico Testamento. E si risponde, se crede: ‘amen’, verità” scrive De Luca nell’introduzione di un libro che nel corpus biblico è definito – come altri: “Rut”, “Cantico dei cantici”, “Lamentazioni”, “Ester” – Sapienziale, “sì, qualora sia data alla Sapienza licenza piena di farneticare, di essere, da quanto si crede nel quotidie (quotidiano, ndr), arcanamente altro” scrive senza troppo girarci intorno Ceronetti.
Ma cosa racconta “Qoelet”? Nulla, non racconta, dice. Una voce solitaria nel deserto, “sotto il sole”, pronuncia dodici meditazioni tragiche e dolenti su temi quali il bene e il male, la vanità della vita (“Vanità delle vanità, dice Qoèlet, / vanità delle vanità, tutto è vanità”) e il senso delle proprie azioni, suggerendo un anelito verticale come soluzione (“Abbi fiducia nel Padre e segui le sue indicazioni”), anelito che però non sembra rispondere del tutto alla sofferenza rabbiosa dell’uomo Qoèlet (“Gravarsi di conoscere / Fa traboccare il dolore” traduce Ceronetti gli ultimi due versi della prima meditazione). Quantomeno per chi ha fede, sarà il resto del Libro sacro a rispondere del tutto alla domanda che lo falcia, tracimando dalla bocca crocchiante di sabbia di Qoèlet.