Il commercio, il peso e l’uso ostentato e feroce delle armi è l’aspetto forse più appariscente della nuova “Guerra fredda per procura” che contrappone Stati Uniti d’America, Russia e Cina. Basta mettere in fila anche solo gli ultimi avvenimenti per averne la conferma. L’Amministrazione Biden ha approvato in queste ore la vendita di altri armamenti a Taiwan per oltre 1,1 miliardi di dollari.
Un pacchetto che comprende fino a 60 missili antinave e fino a 100 missili aria-aria e che a Pechino è letto come una provocazione: proprio alla vigilia di quel congresso del partito unico che “incoronerà”, per la terza volta, a leader supremo Xi Jinping. Gli affari con i Paesi del Golfo o con Israele continuano secondo i copioni classici. Così come con i Paesi della Nato, che devono compensare anche mercati come quelli dell’Egitto o dell’India che hanno trovato in Mosca un nuovo alleato e forniture di macchine belliche più che testate nei teatri di guerra d’Africa e di Siria.
Ad alimentare tensione ed escalation, come si usa dire, nei prossimi giorni gli Usa annunceranno altri aiuti militari all’Ucraina. «Ciò che conta per noi – ha assicurato il portavoce del Consiglio per la Sicurezza nazionale americana, John Kirby – è assicurarci che gli ucraini abbiano i mezzi per vincere sul campo di battaglia, ed ecco perché abbiamo già impegnato oltre 13 miliardi di dollari in assistenza militare alle forze di Kiev» dal 24 febbraio ad oggi. Mentre solo una settimana fa il presidente americano Joe Biden ha annunciato un nuovo invio di armi per 2,98 miliardi di dollari.